Monthly Archive: February 2024

la fotografia astronomica

La fotografia astronomica e l’impatto dell’intelligenza artificiale

Negli ultimi anni, tutti noi abbiamo assistito al fenomeno dell’intelligenza artificiale (IA), che in pochissimo tempo ha invaso anche le nostre case grazie, ad esempio, agli assistenti virtuali. In tanti, però, si sono chiesti se l’uso di tali tecnologie fossero davvero un aiuto valido nella vita di tutti i giorni. Beh, in alcuni settori lo è. Vediamoli insieme.

L’uso dell’IA nell’astronomia

Ebbene, nel caso della astronomia, l’IA è assolutamente un alleato di grande valore visto che, grazie agli algoritmi, riesce a fornire delle analisi avanzate e dettagliate sulle immagini del cosmo. Tali algoritmi possono identificare corpi celesti oppure individuare dei particolari fenomeni astronomici che, spesso, potrebbero risultare più ardui da riconoscere.

Questi potenti calcoli permettono anche la previsione di possibili episodi riguardanti gli avvenimenti del cosmo, ma la domanda potrebbe sorgere spontanea: come funzionano gli algoritmi? Che cosa sono? Come fanno a prevedere un avvenimento nello spazio?

Come funziona l’IA

Alla base dell’intelligenza artificiale vi sono molti calcoli, si potrebbe quasi affermare che il calcolo sia l’anima stessa di questo complesso sistema di elaborazione di dati. L’algoritmo non è altro che una sequenza di istruzioni basate sulla logica, progettate per risolvere problemi o eseguire operazioni. L’IA emula quindi quasi l’apprendimento umano che si basa sulla capacità di imparare dalle proprie azioni, permettendo così di affinare il metodo di ragionamento attraverso l’esperienza accumulata. Tutte le esperienze pregresse vengono poi usate per apprendere; si forma un pattern di apprendimento e di risposte noto anche come “machine learning”.

Grazie all’aggiornamento continuo dei dati, l’IA, è in grado di migliorare le soluzioni proposte in merito a dei quesiti, oppure, di fornirci dei dati in tempo reale su dei temi attuali, ma è anche in grado di riconoscere le voci, tradurre, e come si è potuto vedere negli ultimi anni, l’intelligenza artificiale è anche capace di apprendere come guidare i veicoli. Se infatti non sapevate che le famose auto Tesla usano proprio questa per la navigazione, ora lo sapete!

Molti settori lavorativi hanno tratto beneficio dall’implemento di questo aiuto virtuale che ha semplificato e migliorato processi che prima richiedevano molto più tempo del dovuto. L’IA, infatti, viene anche usata dai siti di slot.

È quindi facile comprendere quanto l’IA sia utile per lo studio astronomico; lo spazio è ricco di segreti per i suoi studiosi e uno dei metodi migliori per apprenderne maggiori dettagli è, sicuramente, la fotografia. L’IA non è altro che un aiuto, ma da dove siamo partiti?

La prima foto della luna

Si parla di fotografia astronomica già nel 1840 quando John William Draper concretizzò il sogno di tanti per la prima volta: immortalare la Luna.

L’idea di Draper di esporre, utilizzando un telescopio, per diversi minuti una lastra di rame sensibile alla luce permise di catturare i dettagli dell’orbita lunare: questo evento segnò il momento in cui la fotografia divenne un mezzo fondamentale per l’osservazione astronomica.

Sicuramente, al tempo, l’idea che un giorno dei mezzi virtuali avrebbero assistito l’uomo assieme ai telescopi per lo studio del cosmo era pura fantascienza, ma oggigiorno questi incredibili algoritmi sono anche in grado di facilitare il riconoscimento di galassie, stelle, ma anche nebulose, rendendo così più semplice l’identificazione e la classificazione degli oggetti astronomici.

Un’altra dote che contraddistingue l’IA è la sua velocità: l’accuratezza impiegata nella gestione dei dati permette, infatti, scoperte più rapide e un approfondimento maggiore di queste, permettendo agli studiosi di investire maggior tempo nella comprensione di questi ritrovamenti piuttosto che nella gestione dei dati.

Le capacità dell’intelligenza artificiale si estendono anche alla correzione automatica delle distorsioni atmosferiche presenti nelle immagini, apportando miglioramenti significativi alla qualità e alla nitidezza delle foto.

Le missioni spaziali sono spesso la fonte di enormi flussi di dati, e l’IA viene proprio impiegata per la gestione e l’analisi di queste informazioni, semplificando così notevolmente il lavoro degli astrofisici.

Ma l’IA è anche utilizzata nello spazio; iviaggi nello spazio sono, spesso, la chiave per una maggiore comprensione del nostro universo ed è facile pensare a quanti dati si possono accumulare attraverso queste missioni, basti pensare alla complessità della recente spedizione Mars Rover basata sull’esplorazione di pianeti vicini o alle missioni future riguardanti l’avanscoperta su Marte.

Nel futuro telescopio James Webb Space Telescope, l’uso dell’intelligenza artificiale, sarà automaticamente impiegata allo scopo di migliorare la qualità delle immagini e per garantire una maggiore capacità di rilevamento dei fenomeni cosmici.

In conclusione, L’IA ha rivoluzionato come ci approcciamo all’universo e come lo studiamo, accelerando le nostre nozioni nel settore, e grazie alla sinergia tra le persone e il computer saranno possibili moltissime nuove scoperte, e chissà, forse un giorno non i segreti dello spazio non saranno poi così segreti.

levoluzione della fotografia

L’evoluzione della fotografia spaziale

Fin dai tempi più antichi l’umanità ha nutrito una costante curiosità verso il cosmo, spesso derivata dalla semplice alzata di occhi al cielo. Là sopra splendevano le stelle e non solo. Lo spazio ha sempre esercitato, infatti, un enorme fascino sull’essere umano che ne ha sempre voluto scoprire i misteri e i segreti. Solo recentemente, però, questo è stato almeno parzialmente possibile; la fotografia astronomica ha compiuto una fantastica evoluzione nel corso degli anni. Prima di riuscire ad immortalare il cosmo, però, le persone hanno dovuto sfidare il cielo e cimentarsi in svariate imprese.

Uno scatto dall’alto

Una delle prime imprese di fotografia aerea fu il primo scatto fotografico in volo, eseguito dal francese e mongolfierista Gaspar Felix Tournachon (noto come “Nadar”) nel 1855, che grazie voleva utilizzare delle fotografie aeree nella cartografia. Usando un pallone aerostatico, egli riuscì ad alzarsi fino a 80 metri da terra da cui immortalò il piccolo paese chiamato Petit-Bicetre. Il processo per eseguire tale impresa non fu semplice, visto e considerato che, al tempo, Tournachon dovette trasportare nel cesto della mongolfiera una camera oscura e tutto l’equipaggiamento necessario per la riuscita di un buono scatto. Seppur le foto di Nadar non si siano conservate durante gli anni, questa impresa ispirò successivamente James Wallace Black a fotografare, a bordo di un pallone aerostatico, la città di Boston nel 1860.

Anche la NASA vuole la sua parte

Era, invece, il dicembre del 1962 quando il capitano dell’Aeronautica Joseph Kittinger e l’astronomo William White della Marina presero parte ad un progetto, meglio conosciuto come “Progetto Stargazer”. I due, in Messico sarebbero dovuti elevarsi a bordo di una capsula d’acciaio collegata ad un enorme pallone di mylar con all’interno un modesto telescopio, e avrebbero dovuto confermare che che il cosmo poteva essere osservato ad alta quota grazie ai palloni. Lontano da pericolose ripercussioni climatiche, il pallone si alzò sopra ad un deserto, raggiungendo i 25 chilometri di altitudine, aggiudicandosi così il primato per la più alta quota mai raggiunta per un volo di questo genere. Purtroppo, seppur vi fossero tutte le premesse per un enorme successo, il progetto perse fondi a causa del programma “Mercury Seven” lanciato dalla NASA, che mandò nello spazio solamente sei mesi prima dello Stargazer, l’astronauta John Glenn.

Il progetto “Mercury Seven” fu un grande successo, infatti, il 20 febbrario del 1962, John Glenn orbitò assieme al gruppo della “Friendship 7” (nome scelto da Glenn stesso in onore dei sette astronauti a bordo) per la prima volta attorno alla Terra, divenendo così la terza persona al mondo (e quinta nella storia) ad essere stato nello spazio. John Glenn fu un astronauta, pilota e senatore statunitense nato nel 1921 e divenne anche l’astronauta più anziano ad aver partecipato nuovamente ad un viaggio spaziale a bordo dello Space Shuttle nel 1998.

Un rinovato interesse

Nonostante il metodo di approccio alla fotografia astronomica abbia subito dei mutamenti nel corso degli anni, nell’ultima decade si è osservato un interesse verso i palloni ad alta quota, quasi conferendogli una nuova vita, grazie all’idea di posizionare al loro interno dei robot. Tale processo ha portato a risultati significativi che, prima, erano attuabili unicamente grazie all’osservazione in orbita tramite la presenza umana.

I robot, grazie al loro grande aiuto, sono diventati anche i protagonisti indiscussi dell’esplorazione su Marte grazie ai Mars Rover. “Curiosity” fu il più grande rover mai spedito sul pianeta: venne lanciato il 26 novembre 2011 e giunse sul pianeta rosso il 5 agosto 2012. Questo eccezionale rover è ancora attivo nel 2024 (contando un totale di 4210 giorni), e tutt’oggi contribuisce esponenzialmente allo studio di Marte attraverso i dati da esso raccolti e inviati sulla terra. E quale migliore esempio di fotografia spaziale di una foto fatta nello spazio? Curiosity è stato anche in grando di inviare alla NASA un selfie raffigurante sé stesso su Marte, in posa su Aeolis Mons (la più alta montagna del corpo celeste) nel 2015.

I viaggi di questo incredibile rover lo hanno portato nel 2023 a regalarci delle foto panoramiche nelle quali si osserva zona di Marte chiamata Marker Band Valley. E’ stato grazie a queste immagini in bianco e nero che gli studiosi sono riusciti a dar loro una valida interpretazione a vari elementi caratteristici di Marte. Come? Grazie alla palette di colori delle foto. Queste scattate in diversi momenti della giornata, hanno permesso di capire non solo se si trattasse di mattina o sera, ma anche che Curiosity, in quel momento, stava sperimentando l’inverno del suolo marziano.

La NASA, nel corso degli anni, ha provato 21 volte a far compiere ai propri rover delle spedizioni di successo, ma solamente 8 di questi, assieme a Curiosity, sono riusciti nell’impresa. Il “Perseverance” ed il “Tianwen-1 stanno ancora perlustrando il pianeta con successo.

L’avanzamento della tecnologia fotografica non è solo un arricchimento culturale, ma permette anche di sognare il giorno in cui, forse, anche gli esseri umani saranno in grado di atterrare su Marte compiendo così loro stessi il primo scatto fotografico sul pianeta rosso.