Come la fotografia è riuscita a cambiare la nostra visione del pianeta Terra

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Sono passati più di due millenni da quando qualche filosofo greco ha affermato che la Terra fosse rotonda e non più piatta come si pensava prima, eppure le prime foto di tale prova le abbiamo avute solamente una cinquantina di anni fa.

Le missioni spaziali e la fotografia sono più legate di quanto si possa pensare. Proprio per questo motivo, abbiamo deciso di scrivere un articolo a riguardo, strizzando anche l’occhio a quello che sarà il futuro delle esplorazioni spaziali.

Dalla Terra piatta alla Terra sferica

Come anticipato nell’introduzione, la razza umana, fino ad una cinquantina di anni fa, ha potuto solamente immaginare che forma avesse la Terra. Che fosse rotonda era già stato affermato millenni orsono, grazie alle osservazioni scientifiche di un certo Tolomeo. Tuttavia, supporre è molto diverso dal vedere con i propri occhi.

Ecco allora che alla fine del 1800, grazie ai primi palloni aerostatici, alcuni privilegiati riuscirono a vedere la Terra da un punto di vista di gran lunga superiore rispetto al limite naturale finora imposto. Ma per avere una prima e vera fotografia del nostro pianeta, si è dovuto aspettare fino al 1935, quando due militari degli Stati Uniti decisero di legare una gondola ad un pallone aerostatico.

Una volta raggiunta l’incredibile quota di 22km (altezza vietata ancora oggi ai voli di linea), i due uomini riuscirono a scattare una foto, che mostrava un panorama lungo 530km, rivelando così, per la prima volta nella storia, la curvatura della Terra. Con la costituzione della NASA poi (e le relative missioni spaziali), la fotografia spaziale migliorò sempre di più, andandoci a regalare i magnifici scatti che tutti noi conosciamo.

Lo stretto legame tra fotografia ed esplorazioni spaziali

Le varie agenzie spaziali, dopo essere rimaste a bocca aperta vedendo quanto enorme e bello fosse il nostro pianeta, decisero di investire sempre più denaro per scoprire di più su quanto ci circondasse nello spazio, vicino e non.

Ecco allora che vennero lanciati i primi satelliti dotati di telescopi ottici, non solo per guardare più lontano di quanto l’occhio umano potesse fare nello spazio, ma anche per documentare i cambiamenti climatici sul nostro Pianeta.

Questi telescopi, tra cui l’Hubble, forse il più famoso tra tutti, consentirono agli umani di sviluppare anche una cultura visiva e di intrattenimento: basti pensare alle numerosissime serie TV e Film a tema spaziale, che cercavano di essere quanto più fedeli possibile grazie proprio a tali fotografie, nonché alla creazione di videogiochi e simili, come nel caso di Cosmic Fortune, la slot machine perfetta per captare il “mood” dello spazio.

Negli anni più recenti ed in seguito ai forti cambiamenti climatici che la Terra ha visto subire, la fotografia spaziale sta aiutando enormemente gli esperti per valutare l’impatto delle attività umane sul nostro pianeta, nonché per la realizzazione di progetti di salvaguardia dell’ambiente e via discorrendo.

Ciò, ovviamente, vale anche per una migliore comprensione di ciò che ci sta attorno: iconica è stata, ad esempio, la fotografia di un buco nero (il primo ad essere immortalato) scattata dall’Event Horizon Telescope nel 2019. Ci sembra giusto affermare quindi che, senza la fotografia, la nostra conoscenza dello spazio sarebbe quasi nulla.

Il futuro delle esplorazioni spaziali: andremo davvero alla conquista dello spazio?

È inutile negarlo: in un futuro più o meno breve, saremo costretti ad abbandonare il nostro pianeta, sia per i cambiamenti climatici che potrebbero renderlo praticamente invivibile, sia per l’esaurimento di risorse naturali che ci consentono di vivere la vita che siamo stati abituati a vivere.

Ecco perché tantissimi appassionati dello spazio hanno drizzato le orecchie quando, a metà degli anni 2010, diverse agenzie spaziali hanno annunciato il loro interesse di “colonizzare” Marte. La prima è stata la Boeing, nel 2014, la quale sta ricevendo i finanziamenti da niente di meno che dalla NASA.

Questo progetto prevede un complesso sistema di supporti vitali e, se tutto dovesse andare come progettato, dovrebbe realizzarsi entro il 2030. Ma ciò che ha destato più scalpore è stato l’annuncio, nel 2016, di Elon Musk, fondatore di SpaceX, il quale ha affermato di voler portare un milione di persone su Marte nei prossimi 40-100 anni.

Il primo step consisterebbe nell’inviare un centinaio di astronauti su Marte per preparare il campo base, con una durata di soli 80 giorni per il raggiungimento del pianeta rosso, contro i 180 ipotizzati dalla NASA.
Infine, anche la Lockheed Martin ha presentato un suo progetto, chiamato “Mars Base Camp”, una stazione spaziale che andrebbe ad orbitare intorno a Marte, fornendo tutto il supporto possibile agli astronauti in superficie.

Come possiamo vedere, siamo ben lontani da quella lotta del “Tutti contro tutti” per la conquista dello spazio; una co-operazione del genere potrebbe ridurre drasticamente le tempistiche di riuscita dei vari progetti, consentendo alla razza umana di raggiungere traguardi solo immaginabili fino a qualche anno fa.